martedì 3 aprile 2012

TRE MINUTI.


Dal terrazzo della sua villa vedeva in lontananza i bambini costruire castelli con la sabbia e anziane signore che cercavano di nascondere i segni dell’età celandoli sotto l’abbronzatura.
Erano le otto del mattino di una soleggiata giornata di inizio giugno, quando fu colta da un’insolita nostalgia.
Goffamente cercò penna e foglio e cominciò a scrivere.
<<Non c’è colpa per un fiume in secca, non c’è colpa per un cuore arido.
Non ha colpe un fiore appassito, non ha colpe il sole che ustiona.
Sai che quando ancora non conoscevo il tuo nome mi piaceva pensare che ne avessi tanti?
E ora dove sei? Ti vedo eppure non ti trovo…
Ti vedo: sei in un mare sconfinato a raccoglier conchiglie.
Tu, che non hai mai voluto scavare la fossa della mia anima.
Te lo dico io cosa vedono i miei occhi: vedono tante cose belle, assorbono gioie e dolori di questo mondo strano; vedono ingiustizie e fortune.
E poi guardano te, ti osservano e ti controllano, ti scrutano da lontano, paurosi del domani, del tuo e del mio.
Cosa sento? Ho sentito ansie, ho udito affanni dei miei coetanei che arrancano e sprofondano nei loro destini; ho sentito il peso del mio pianto ma anche l’assordante rumore della mia felicità.
Ascolto il tuo silenzio. All’inizio faceva male. Il suo rumore assomigliava allo stridente raschio delle unghie su una lavagna… Ora è meno ostile: c’è ma vive in sordina.
Tu, metronomo in lento che annienti le mie corse.
Tu, anima meccanica, che fingi di non saper amare.
Eppure sarebbe stato bello raccontarsi le proprie esperienze, magari su uno scoglio o su una distesa di lavanda.
Romanticismo? Si. Sfrenata devozione per il lieto fine, questa sono io.
Sono un tumulto di emozioni belle e brutte, grandi e piccole che aspettano di esplodere.
Almeno questa volta, lasciami parlare dalla mia visuale e non da quella zona oscura da dove di solito ti racconto di me celando la parte migliore: quella vera.
Come tutti ho amato, come tutti mi sono lasciata amare.
Ho commesso errori.
Ho visto il buio, ho dovuto lottare ma poi è arrivato il lieto fine. Ho mantenuto il mio segreto per sembrar diversa.
Faccio a pugni con la mia vita ma poi facciamo pace.
Ho capito che l’importante è sorridere… il resto è solo noia.
A te, fantasma del mio presente dedico queste parole.
A te, urlo inutilmente le mie emozioni.
A te, che non hai voluto conoscermi.
A te, che pensi di saper tutto di me e credi che dietro una facciata di semplicità si nasconda altrettanta semplicità.
A te, che hai provocato sincopi e tachicardie.
A te che non riesco a dire la verità.
A te, che sei tutto e niente.
Tu, mia concreta delusione ed io, fantasma nella tua vita>>.
Lui e lei: una carezza in un pugno.
Lei non ebbe mai il coraggio di raccontarsi e lui continuò ad ignorarla.
Continuarono a far finta di nulla.
Lui non seppe mai chi aveva di fronte.



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